per chi vuole, deve o crede di cambiare lavoro

martedì 21 luglio 2009

Cassa integrazione e mobilità

L'azienda è in crisi: si parla di tagli. Cosa succede al lavoratore?
Per operai, impiegati e quadri di società con oltre 15 dipendenti, le prospettive sono cassa integrazione guadagni straordinari (per criticità strutturali e durature) e mobilità (in caso di tagli). La Cigs non può superare i 36 mesi nell'arco di un quinquennio, mentre la mobilità può durare da 12 a 36 mesi al centro-nord e un anno in più al sud.
In entrambi i casi si riceve un "assegno" mensile: «Per tutto il periodo di cassa integrazione è poco meno di 810 euro netti per chi non raggiungeva i 1.857,48 euro lordi mensili e poco più di 971 netti per chi li superava», spiega Paolo Citterio, presidente di Gidp.«Lo stesso discorso vale per il primo anno di mobilità, dopo l'importo scende del 20%». Se la società ha meno di 15 dipendenti, i lavoratori in uscita (anche i dirigenti) hanno diritto, invece, a un'indennità di disoccupazione (varia all'incirca dal 60% al 40% della retribuzione lorda) per 8 o 12 mesi, a seconda che abbiano meno o più di 50 anni. Come sottolinea Citterio, «in questo periodo, come durante la Cigs e la mobilità, è prevista la copertura contributiva».

Iolanda Barera
Corriere della Sera

Licenziamento: regole e lettera

Il licenziamento individuale ha precise regole anche a livello di forma. E sono importanti al punto che, se anche una sola di queste non viene rispettata, il provvedimento non ha valore. Innanzitutto è richiesta la forma scritta, tranne che per casi particolari come per i lavoratori domestici. E, in linea generale, nella lettera di licenziamento dovrebbero essere indicate le motivazioni. Se non ci fossero, l’interessato può richiederle (per iscritto) entro 15 giorni e l’azienda deve fornirle entro sette.
«Quando il licenziamento avviene per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, per ragioni, cioè, riconducibili a fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare— aggiunge Paolo Citterio, presidente dell’Associazione di direttori delle risorse umane Gidp — è indispensabile che il datore di lavoro, prima di procedere, invii al lavoratore una lettera di contestazione dove spiega le mancanze per cui ritiene d’incolparlo». In questo caso, il dipendente ha cinque giorni (se il contratto collettivo non stabilisce diversamente) per fornire le proprie giustificazioni, verbalmente (magari assistito da un sindacalista) o per iscritto. «A quel punto — ricorda Citterio — il datore di lavoro deve comminare il provvedimento entro il tempo massimo deciso dal Ccnl, per esempio, nel caso dei meccanici (il contratto più diffuso), entro sei giorni».

Iolanda Barera
Corriere della Sera

venerdì 17 luglio 2009

Vuoi sperimentarti con 200 domande di selezione?



Il selezionatore generalmente “non interroga” il candidato che preferisce invece lasciare parlare liberamente soprattutto nella prima fase dell’intervista per coglierne meglio la personalità e le caratteristiche di base. Se necessario chiede delle precisazioni e dei chiarimenti.
Ma non tutti i selezionatori seguono la stessa tecnica ed è anche vero che di fronte a candidati “avari di informazioni” che tendono a non parlare se non sollecitati si può che sperare che la conversazione si scaldi un po’ aiutandosi con alcune domande di apertura.
Eccone alcune per esercitarvi.
Cercate di non limitarvi a rispondere brevemente o semplicemente con un sì o non. Articolare bene la vostra risposta anche per evitare che le domande si susseguano le une alle altre. Rispondete sempre a ogni domanda, se la giudicate troppo intima tenetevi sul generale, ma non rifiutatevi
La sincerità è importante, ma dovete sempre tenere presente che il vostro approccio deve essere di vendita del “prodotto se stessi” al meglio valorizzando le vostre capacità e riconoscendo i vostri evidenziando la vostra capacità di autocritica.

Che riguardano la propria persona in generale

· Quali sono i suoi pregi e quali i suoi difetti?
· Come si potrebbe descrivere?
· Qual è la sua caratteristica che le crea maggiori problemi?
· Qual è la sua caratteristica che la aiuta maggiormente?
· Si piace?
· E’ soddisfatto di sè?
· Crede di piacere agli altri?
· Come crede che il suo migliore amico la definirebbe?
· Le piace organizzare?
· Crede di essere creativo?
· Crede di essere intuitivo?
· E’ determinato?
· Crede di essere una persona simpatica e affabile?
· E’ aperto?
· E’ preciso?
· E’ determinato?
· Non si lascia scoraggiare?
· Ha ritmi costanti di lavoro?
· Che rapporto ha con l’aggressività degli altri?
· Le piace lavorare?
· E’ collaborativo?
· E’ generalmente disponibile?
· Come crede la definirebbe invece il suo peggiore nemico?
· I suoi genitori intervengono spesso sulle sue scelte?
· E’ fidanzato (sposato)?
· Vorrebbe avere figli ? (domanda che come ben sappiamo viene spesso rivolta alle donne. Come rispondere? Rispetto alle proprie caratteristiche e carattere: sì, ma non ora; non ho studiato fino a questo punto per dedicarmi con tutte le mie energie solo alla famiglia; è una decisione che rimando; certamente non influirà sul mio lavoro, so organizzarmi bene; no, non mi piacioni; no, no, sono interessata alla carriera.....; no, non posso...)
· Quali i suoi interessi?
· Quali i suoi hobby?
· Quanto tempo dedica a questi?
· Ha mai svolto ruoli nel “sociale”
· Quali sport pratica?
· Quali sono i valori in cui crede?
· Cosa le da più fastidio in una persona?
· Come passa il suo tempo libero?
· Quali sono le sue caratteristiche che vorrebbe modificare?
· Quanto tempo vuole dedicare alla sua vita privata?
· Ha molti amici?
· Quali i suoi rapporti con la sua famiglia?
· Quando è libero da impegni come passa le sue giornate?

Che riguardano l’ambito scolastico

· Quali materie preferiva a scuola?
· Quali materie che le piacevano meno?
· Come sono stati i rapporti con gli insegnanti?
· Generalmente studiava in gruppo o da solo?
· Ha avuto incarichi ufficiali all’interno di comitati scolastici?
· Ha avuto mai dei problemi scolastici? Come li avete risolti?
· Perché ha scelto quel percorso di studi? E’ contento o a conti fatti sarebbe stato meglio intraprendere un’altra strada?
· Fino a che punto i suoi genitori hanno influito sulla sua scelta?
· Mi racconta un episodio spiacevole?
· Mi racconta un episodio spiacevole?
· Che giudizio da del suo esame di maturità?
· Come ha impostato il suo lavoro di tesi?
· Si è sempre sentito valutato correttamente dai suoi insegnanti?
· Incontrava i suoi compagni anche al di fuori del contesto scolastico?
· Come può descrivere il suo ruolo all’interno del gruppo di suoi compagni?
· L’impegno scolastico ha assorbito gran parte del suo tempo?
· Ritiene che il voto che ha preso sia commisurato al suo impegno?
· Se il voto non è stato quello che si aspettava cosa è successo?
· Ha fatto delle piccole esperienze di lavoro?
· Se sì, come ha fatto a conciliarle con gli impegni scolastici e professionali?
· Ha approfondito particolarmente qualche materia?
· Ha frequentato corsi di approfondimento extrascolastici?

Se i risultati non sono stati brillanti ci si può aspettare domande quali:

· Come mai questo voto di laurea (o di maturità)?
· Come mai si è laureato (diplomato) in un tempo più lungo?
· Quale è stato il fattore che più ha ostacolato il suo percorso?
· Il voto corrisponde realmente alla sua preparazione?
· E’ preoccupato di come questo voto possa influire sulla valutazione dei selezionatori?

Che riguardano l’ambito professionale (per chi ha già una esperienza)

Il livello di approfondimento di questa area dipende ovviamente dalla complessità e dalla dimensione organizzativa della posizione ricoperta e le domande sono strettamente collegate alle tipicità del ruolo. Le domande poste a un professionista degli Acquisti avranno certamente un contenuto diverso da quelle rivolte invece ad uno specialista del Marketing. Ma in generale potrebbero essere:

· Mi racconta delle sue esperienze professionali?
· Quali sono state le sue responsabilità principali?
· Quale l’attività in cui crede di aver dato il meglio?
· Quale l’attività o la situazione in cui rende meno?
· Fra i diversi compiti quale le interessa di più?
· La sua esperienza professionale complessiva qual è?
· Qual è l’obiettivo della posizione che ricopre?
· Quali sono le competenze che ha sviluppato?
· Quali i suoi margini di autonomia?
· Quali sono i principali progetti che ha seguito?
· Quali i risultati più interessanti?
· Quali le sue competenze manageriali?
· Quali sono le sue competenze gestionali?
· Mi descrive la sua posizione nell’ambito dell’organigramma della sua azienda?
· Quali sono le tipicità della posizione che ricopre?
· Quali le criticità della sua posizione?
· Qual è l’elemento più difficile da tenere sotto controllo?
· Quale budget gestisce?
· Mi può dimensionare la sua posizione?
· Con quali altre funzioni aziendali entra in contatto?
· Ha seguito progetti intersettoriali?
· Ha avuto contatti con altre aziende?
· Fa parte di comitati o gruppi di decisione aziendale?
· Segue dei progetti in gruppo? Ha un ruolo specifico?
· Quale altra posizione vorrebbe ricoprire nella sua azienda?
· Per quale altra posizione all’interno della sua stessa azienda si sente preparato?
· Perché cerca una nuova occupazione?
· Quali sono le problematiche del settore in cui opera?
· Mi presenta la sua azienda?
· Quali prodotti commercializza?
· Quali sono i principali compiti?
· Quali sono gli obiettivi della sua posizione a breve termine?
· E a medio?
· E a lungo?
· Per quali ragioni ha scelto l’azienda dove lavora oggi?
· Quali altre alternative aveva?
· E’ soddisfatto della posizione che ricopre oggi?
· Per quale ragione oggi si trova qui?
· Cosa si aspetta da un nuovo posto di lavoro?
· Quali sono le sue prospettive di carriera?
· Che tempi si è dato per raggiungere i suoi obiettivi professionali?
· Quale fra le sue diverse esperienze professionali quella che l’ha interessata di più?
· Mi presenta la sua storia professionale rispetto alle competenze che ha acquisito indipendentemente dalle diverse esperienze?
· In quale competenza si sente più preparato?
· Quali metodologie applica?
· Quali sono stati i progetti più interessanti che ha seguito?
· Qual è il livello umano dei rapporti professionali?
· Che rapporti ha con i suoi colleghi?
· Che rapporto ha con il suo capo?
· Qual è l’aspetto che più la infastidisce del suo lavoro attuale?
· In quale aspetto si sente maggiormente sacrificato?
· Qual è il suo stipendio?
· Qual è il suo inquadramento?
· Quali sono le posizioni ricoperte dai suoi colleghi?
· Qual è l’obiettivo della posizione del suo superiore?
· Su quali aspetti non è d’accordo con l’impostazione del suo superiore?
· Ha bisogno di indirizzi chiari o preferisce avere un’ampia autonomia?
· Fino a che punto riesce a lavorare sotto stress?
· Ha operato in contesti ben strutturati o non?
· Che cosa non la soddisfa della posizione occupata?
· E’ soddisfatto della sua esperienza professionale?
· Quali lacune professionali crede di avere?
· Quali le eventuali lacune personali?
· Ha bisogno di avere un ruolo organizzativo ben definito oppure lavora bene anche in situazioni meno strutturate?
· Come funziona nell’emergenza?
· Preferisce lavorare in situazioni consolidate o cimetarsi in situazioni tutte da definire?

Che riguardano l’ambito professionale (per chi non ha esperienze precedenti)

· Quale attività le piacerebbe svolgere? Perchè?
· Ha approfondito questi aspetti? Come?
· Quando pensa a se stesso nel contesto lavorativo come si immagina?
· Come si immagina fra 2 anni?
· E fra 5?
· E fra 10?
· Che cosa si aspetta dal mondo del lavoro?
· Quando si è iscritto ala sua scuola/università che lavoro pensava che avrebbe svolto?
· Quali sono le aree professionali che le interessano di più? Perché?
· Verso quali posizioni si ritiene più affine? Perché?
· In quali contesti non crede riuscirebbe a lavorare bene? Perché?
· Preferisce lavorare da solo o in gruppo?
· E’ disposto ad accettare qualunque lavoro?
· Quali sono le sue caratteristiche personali che crede potrebbero aiutarla nel mondo del lavoro?
· Quale invece il suo difetto che potrebbe ostacolarla?
· Ha voglia di incominciare a lavorare?
· A cosa crede dovrà rinunciare?
· Come si sta guardando intorno per cercare un lavoro?
· Ha rinunciato già a qualche offerta?
· Ha già operato in contesti simili?
· Quali offerte erano?
· Perché ha rinunciato?
· Ha già sostenuto colloqui di selezione?
· Si è piaciuto?
· Come le sembra che siano andati?
· Ha già svolto dei lavoretti?
· Mi racconta del suo servizio militare (o civile)?
· Ha fatto esperienze di stage?
· E’ più importante per lei la carriera o la professione?
· A cosa è disposto a rinunciare per il lavoro?
· E’ ambizioso?
· Come coltiva i suoi interessi?

Che riguardano la posizione prospettata

· Le interessa la posizione che le ho presentato?
· Quali gli aspetti che meno la interessano?
· Le piace?
· Quali sono le coerenze che intravede fra lei e le sue esperienze e la posizione che le prospetto?
· Quale aspetto la preoccupa maggiormente della posizione che le presento?
· Cosa le sembra?
· Quali aspetti delle sue precedenti esperienze crede di poter trasferire nella posizione che le prospetto?
· Quali aspetti invece tralascerebbe e le dispiacerebbe?
· Quali sono le sue perplessità?
· Rispetto a quanto si aspettava come trova la mia offerta?
· Su quali aspetti si sente preparato?
· Su quali invece si sente scoperto?
· Con quale criterio si sta guardando intorno?
· Ha già valutato se esistono altre posizioni interessanti nell’azienda dove opera?
· Si è già proposto per uno sviluppo professionale all’interno?
· Quali sono le sue aspirazioni professionali?
· Quali le sue aspirazioni di carriera?
· Ha bisogno di ulteriori approfondimenti?
· Conosceva già la nostra azienda?
· Qual è la sua richiesta economica?
· Mi pare che lei non ricopra appieno la posizione. Cosa ne pensa?
· Crede che avrà bisogno di momenti formativi per prepararsi?
· Non mi sembra che la posizione le interessi molto?
· Mi pare che, sotto alcuni aspetti, la posizione che le prospetto sia meno complessa rispetto a quella che ricopre attualmente?
· Non mi pare ci siano le coerenze con la posizione che le prospetto. Lo crede anche lei?
· Mi dispiace, ma mi sembra troppo preparato rispetto alla dimensione della nostra posizione. Cosa ne dice?
· Le è comodo raggiungere il posto di lavoro?
· Quale vorrebbe fosse il suo prossimo traguardo professionale?
· Sotto quali aspetti ritiene che questa posizione potrebbe sviluppare la sua professionalità?




Otto passaggi per valutare come proporsi




1)Definizione del bagaglio professionale

· qual è il mio titolo di studio?
· quali sono le conoscenze che ho maturato fuori dalle mura scolastiche( letture, Hobby)
· conoscenza lingue, iinformatica etc
· 4)esperienze professionali maturate (lavori, lavoretti senza dimenticare di valorizzare le attività nel sociale e se possibile anche l'esperienza militare)

2)Il lavoro ideale

· di cosa vorrei occuparmi
· quali le caratteristiche del mio lavoro ideale in termini per esempio di: livello di autonomia, responsabilità, ambiente, ore di lavoro, zona geografica, retribuzione , inquadramento, prospettive di carriera etc
· gli elementi descritti mi sembrano logici e coerenti fra loro e coerenti con il mercato del lavoro

3)Il lavoro a cui mirare

· quali quindi sono le attività a cui mirare? ( citatene almeno 4)
· per ogni attività indicata considerate: i motivi (personali, professionali, caratteriali) percui potreste ricoprirle ,quali invece le lacune e come soddisfarle, quali le motivazioni "al vostro acquisto" da offrire ai vostri diversi interlocutori.)
4) I concorrenti

· ci sono molte altre persone che potrebbero aspirare alla mia stessa attività ?
· quali credo che possano essere i miei punti a sfavore rispetto a queste?
· e quali invece i miei punti forti?
· come potrei acquisire dei punti di vantaggio? Per esempio studiando cosa, leggendo cosa etc?


5) La strategia di promozione

· quali giornali e quando acquistarli per leggere le inserzioni?
· è il caso di pubblicare una inserzione?
· come impostare dei curriculum "tipo" che verranno aggiornati e personalizzati ogni volta rispetto al diverso interlocutore e posizione per la quale vi proponete.
· a chi inviare dei curricula spontanei?
· 5) è opportuno fare delle telefonate di promozione?
· quali riviste o supplementi leggere per sapere qualcosa di più sul mondo del lavoro?


6) Azione

· ricordatevi che in ogni caso è importante fare, fare, fare e non aspettare che le occasioni buone piovano dal cielo.
· cercare lavoro è un vero e proprio lavoro.
· meglio osare troppo che stare a guardare.

7)Controllo dei risultati

Da fare dopo 2 mesi dall'avvio della vostra strategia di promozione
· come sono andate le cose?
· ho fatto dei colloqui?
· qual sono state le posizioni che mi hanno prospettato?
· ho rinunciato io oppure non sono piaciuta?
· se credo di non essere piaciuta immagino anche il perché?
· posso fare qualcosa per "piacere di più"?
· sono stata efficace nel propormi professionalmente?
· come posso migliorare?
8) Rimpostazione della campagna di "vendita"

Prima di riavviare il ciclo di promozione è importante valutare se c'è qualche aggiustamento da operare per esempio studiando un programma di autoformazione o piuttosto decidendo di scegliere un'altra posizione a cui mirare.
Oppure perseverare ancora senza scoraggiarvi, ma anzi con più grinta e determinazione!

Tutto sui contratti di lavoro

trovate tutto collegandovi alle pagine del ministero del lavoro http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreeTematiche/tutela/disciplina/

martedì 7 luglio 2009

Un "giochino" per valutare il tuo stipendio

Per avere una idea di come è messo il vostro stipendio rispetto a un possibile riferimento di mercato, andate su: http://www.quantomipagano.com/index.asp

Ovviamente, si tratta solo di un valore indicativo ...

lunedì 6 luglio 2009

Scheda per tenere memoria dei colloqui svolti

E’ importante tenere una memoria dei colloqui fatti per poter affrontare un secondo colloquio nella stessa realtà, fare confronti fra diverse ipotesi e perfezionare meglio il proprio progetto professionale, in relazione alle risposte del mercato.



CHECK COLLOQUIO

Azienda……, il …..,
contatto: mi ha cercato? l’ho cercata io? Ho risposto all’inserzione che allego? Ho telefonato? Altro ?
Posizione offerta ….
Parlato con ……………ruolo


BREVE DESCRIZIONE POSIZIONE OFFERTA


PROGETTI


PUNTI FORTI


PUNTI DEBOLI


CONDIZIONI OFFERTE


In generale cosa me ne è parso


Come ci si è lasciati


Aree da approfondire


SUCCESSIVI ALTRI CONTATTI

Nome persone presenti…, data….

Contenuti/commenti

Come si è rimasti

Come gestire la trattativa economica

E' un momento importante, perché pone anche le premesse per il futuro professionale. Bene quindi parlare di stipendio, ma anche di inquadramento e di sviluppi professionali in generale. Anche i benefits possono migliorare in modo interessante la proposta, soprattutto per i livelli medi/alti. In alcuni casi farà parte del pacchetto offerto, anche un premio fisso o variabile legato al raggiungimento dei risultati ottenuti oppure l'offerta di stock options (azioni aziendali).
Ovviamente il vostro potere contrattuale dipenderà dalla vostra forza sul mercato del lavoro e quindi dall'appetibilità della vostra candidatura in generale. Potrete dettare condizioni se avete una professionalità particolare, rara o molto richiesta e già un lavoro interessante. In questi casi potreste addirittura riportare già nel curriculum il vostro stipendio attuale, così da non essere contattati da realtà non interessate. Sarete, invece meno forti se la vostra storia non è particolare e se non avete ancora una occupazione. In questo caso, meglio chiedere la proposta e provare a trattare non tanto sulla cifra, quanto piuttosto sui tempi per un eventuale passaggio di livello o incremento. Per esempio potreste chiedere se la proposta può essere rivista dopo 6 mesi o un anno e nel caso, adeguata alle capacità manifestate. Spesso le grandi aziende hanno griglie di gestione dei dipendenti piuttosto rigide, perché devono soddisfare anche un principio di equità interna. Quindi potrete trattare solo minimamente (a meno che non vi rendiate conto che hanno proprio bisogno di voi). Più margine di trattativa nelle piccole, in cui, però, i livelli sono generalmente più bassi e le prospettive più limitate.
Ovviamente, a parità di condizioni, un contratto di assunzione "vale" di per se stesso di più rispetto a una collaborazione.Non trattate di stipendio, vacanze e sviluppi se non prima di aver definito con precisione la posizione organizzativa prospettata.E' sempre meglio chiedere una proposta al vostro interlocutore piuttosto che proporgliela voi. Se dovete "uscire allo scoperto" fate attenzione a definire con realismo la cifra da chiedere: non si fa una buona impressione a puntare troppo in alto per poi accettare una cifra molto inferiore. Per avere un riferimento di mercato potete visitare: http://quantomipagano.corriere.it/main.htmAlcune ipotesi Se passate da una realtà ad un'altra, per lo stessa tipologia di mestiere/posizione. Generalmente si chiede un incremento del 20%. Meglio, però, non attenersi rigidamente a questa indicazione perché molto dipende anche: · dalle vostre capacità e potenzialità· dal mercato delle retribuzioni · dallo stipendio che percepite (che potrebbe già essere "fuori mercato" in senso positivo o negativo)· dalla difficoltà a reperire persone con le vostre competenze · dalla politica retributiva dell'azienda· dalla vostra urgenza di trovare una nuova occupazioneSe avete perso il lavoro Certamente non vi trovate in una situazione di particolare forza contrattuale, ma dipende anche dal vostro interlocutore e della coerenza fra la nuova posizione e il vostro precedente mestiere.Se cambiate realtà e mestiere Chi vi assume non acquisisce competenze e abilità immediatamente trasferibili nel nuovo ruolo. Non è corretto, quindi utilizzare come riferimento la retribuzione già percepita. Potrebbe esservi conveniente anche un cambio alla pari o addirittura perdere alcune posizioni, se questo vi permette di reimpostare la vostra storia professionale.Se siete al vostro primo lavoro Non potete che accettare la retribuzione/remunerazione prospettata. Casomai trattate sui tempi di revisione (economica e di livello) o sulla formazione.

estratto dal mio libro: Donne, cercare, cambiare e trovare lavoro, edito da Etas

Come scrivere una lettera di accompagnamento al cv

La lettera di accompagnamento al curriculum non è necessaria, ma è certamente uno strumento utile soprattutto per chi desidera proporsi per una area specifica non automaticamente prevista rispetto alla sua preparazione scolastica (per esempio un geometra che vuole occuparsi di commerciale, un laureato in lettere che si propone per la direzione del personale…,). o alla esperienza già conseguita (per esempio un traduttore che vuole proporsi come venditore)

La lettera di accompagnamento comunque valorizza ogni curriculum in quanto focalizza l’oggetto della comunicazione e propone, se ben impostata, gli elementi a sostegno della propria candidatura e evidenzia le coerenze fra il proprio bagaglio scolastico e esperienziale e le caratteristiche conosciute almeno a grandi linee (è il caso di una risposta a una inserzione) o ipotizzate per ricoprire la posizione a cui si propone.
Nulla a che fare con una ”lettera formale di cortesia”, ma invece una vera e propria “lettera commerciale” che può aiutarci a proporci dando più forza alla nostra professionalità.

L’ESPERTO

La lettera di accompagnamento non è obbligatoria. Nessuno si stupirà se non la allegherete al vostro curriculum, ma ogni selezionatore apprezzerà chi ha avuto l’attenzione e la cura di aggiungerla.
Se la vostra storia professionale è un po’ complicata oppure se desiderate cambiare professione, la lettera diventa ancora più importante e si rileverà lo strumento fondamnentale per comunicare con efficacia e chiarezza focalizzando fra i tanti gli aspetti che davvero potrebbero interessare il vostro interlocutore.


La lettera di accompagnamento è, quindi, “l’area intelligente” del curriculum.
E’ lo strumento attraverso cui proporre la propria professionalità in modo che l’interlocutore possa identificare rapidamente le eventuali coerenze con le sue necessità.
Per scrivere una lettera di accompagnamento efficace basta avere una avvertenza: ricordarsi di centrare la propria attenzione sul destinatario e quindi sui suoi bisogni (non sulle nostre aspirazioni!).

Quindi, se nel curriculum si schematizzano le proprie caratteristiche e esperienze in modo oggettivo (anche se non perdendo mai di vista la focalizzazione all’interlocutore e quindi dando pesi diversi ad aspetti diversi rispetto alla posizione a cui ci si riferisce), nella lettera di accompagnamento si propongono le “motivazioni all’acquisto” che dovrebbero spingere chi ci legge a incontrarci per approfondire la conoscenza. Proprio come un buon venditore non si limita a presentare il prodotto, ma cerca di capire i bisogni del cliente per proporgli una soluzione.


Una guida per impostare una lettera di accompagnamento efficace:

1) Riporta l’oggetto chiaro della lettera (o della mail) e quindi Riferimento alla vostra inserzione numero 75 pubblicata dal Corriere della Sera il 5 maggio oppure Proposta di candidatura neolaureato area finanza


1) Considera 3 coerenze oggettive (scolarità e/o esperienze) che ti sembra possano renderti un candidato interessante per l’area o posizione a cui ti proponi. Non considerare perché quel ruolo ti piace, ma focalizza quali potrebbero essere le “convenienze” per il tuo interlocutore e quindi gli aspetti che potrebbero tranquillizzarlo sul fatto che saresti in grado di soddisfare la posizione. Più semplice nel caso tu risponda a una inserzione o comunque sappia qual è la posizione in gioco, meno se ti proponi spontaneamente.

1.a……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
perché…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
2.a……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
perché………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
3.a……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
perché………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

Altre eventuali
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


· imposta un testo di 8/10 righe con un linguaggio chiaro, preciso e non burocratico utilizzando come scaletta l’esame delle 3 competenze ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………

· Termina con i saluti e la firma (nome e cognome, non il titolo)

…………………………….




estratto dal mio libro Promuovere se stessi, edito da Il sole 24ore

Cambiare restando

Prima di rivolgersi al mercato del lavoro esterno, soprattutto in un periodo di crisi quale quello che stiamo vivendo in questo periodo, converrebbe valutare eventuali possibilità di crescita e di sviluppo all’interno dell’azienda in cui già si lavora. Chi infatti più dell’azienda in cui si è già data buona prova di se potrebbe darci la fiducia di cimentarci su altri ruoli e sviluppare quella che, nelle considerazioni che abbia fatto in precedenza, abbiamo definito una carriera orizzontale affacciandoci a ruoli limitrofi?

Per chiedere uno sviluppo bisogna però presentarsi con una idea chiara rispetto alla posizione a cui si desidera puntare. La richiesta non deve suonare <>, ma piuttosto <>

Nel pensare ai propri sviluppi bisogna considerare non solo percorsi di crescita verticale, ma anche orizzontale sapendo che se vuoi cambiare mestiere forse sarà più disponibile a scommettere sulle tua possibilità la tua azienda che già ti conosce e che sa che nelle situazioni nuove sai cimentarti, piuttosto che una che ti contatta da mercato.

Se quindi la posizioni che ricopri nella tua azienda non ti interessa più o comunque la senti ormai “stretta”, autosponsorizzati! Studia bene il progetto e identifica la situazione giusta per chiedere. Se nella tua azienda c’ è un sistema di valutazione annuale, quella potrebbe essere la situazione giusta per candidarti, altrimenti considera comunque un periodo tranquillo (ma alcune forse invece vorranno giocare la carta al rialzo proprio in momenti di particolare stress lavorativo, momenti in cui l’azienda fa più fatica a dire di no a una collaboratrice particolarmente coinvolta in un progetto urgente. Dipende dallo stile che si ha).

Domande da fare al capo per capire meglio

Quando il capo cambia, non accontentarti delle voci di corridoio su di lui. Chiedi un incontro ufficiale e arriva preparata, con in mano il planning dei progetti che stai seguendo per chiedere conferma delle priorità e del modus operandi. Se ti trovi a scegliere tra un vecchio e un nuovo lavoro, non farti sedurre dal nome dell’azienda o dall’incarico, ma valuta il tuo potenziale superiore obbiettivamente. Perché puoi acciuffare il posto migliore del mondo ma se il capo ti tarpa le ali o è incompetente, andare in ufficio non sarà gradevole.
Qual è il mio ruolo? Quali sono i miei obiettivi? Pretendere chiarezza. Se è vago su questi due punti fondamentali, campanello d’allarme; rischi di lavorare alla cieca.Che autonomia ho? Chiedere chiaramente, magari aiutandosi con esempi, a quale punto e in quali casi il capo si aspetta che tu chieda un’autorizzazione a procedere.
Fondamentale per evitare discussioni o prevaricazioni. In cosa ho sbagliato? Cosa avrei dovuto fare, invece? Se ti rendi conto di aver commesso un errore, vai da lui e chiedi un feedback completo. Otterrai due risultati: ammettere l’errore e ridurre le possibilità di incomprensioni future.
Nei meeting, preferisce che io intervenga o ne parli dopo con lei? Le riunioni, interne o esterne, sono una classica fonte di discussione. Si evitano domandando al superiore che profilo dobbiamo adottare.

domenica 5 luglio 2009

Domande per capire la proposta

Non è certo sufficiente il semplice titolo (segretaria, esperto marketing, direttore) per capire cosa si nasconda dietro ad una posizione. Infatti, a una uguale definizione possono in realtà nascondersi ruoli e contenuti professionali diversi.Non accontentatevi di una presentazione generica e frettolosa. Chiedete informazioni precise che vi permettano di chiarire il ruolo anche grazie a esempi di progetti concreti o, per posizioni meno complesse, di descrizioni della giornata tipo.
Ecco di seguito alcune variabili per inquadrare una posizione organizzativa.
L'azienda* Quando è nata e come si è sviluppata?* Chi è il proprietario?* Qual è il suo andamento economico?* Quanti sono i dipendenti e come vanno le assunzioni?* Quali sono i suoi prodotti o i suoi servizi?* Quali sono le tipicità e criticità di questa data azienda o del suo mercato in generale?* Come è impostato l’ organigramma generale dell’azienda.
La posizione Come è inserita all'interno della struttura organizzativa generale dell'azienda?* In che direzione è inserita? * Da chi dipende il capo? * Da quali funzioni dipende? * Quali sono le funzioni che a questa fanno capo? * Quali posizioni ricoprono i colleghi? Quali sono le caratteristiche principali della posizione?* qual è il titolo della posizione? * quale sarà l'attività che vi trovereste concretamente a svolgere? * quale sarà il vostro principale obiettivo? * quali saranno i vostri compiti? * quali saranno i progetti da svolgere? * lavorerete da soli, in coppia o in gruppo?
L'inquadramento e la retribuzione * Qual è il contratto proposto?* Nel caso di assunzione, a che livello sarete inseriti?* Qual è la remunerazione oppure la retribuzione annuale e lorda (non mensile netta che potrebbe generare confusione, il numero di mensilità può essere differente da contratto a contratto, ma la somma non cambia!). * Oltre al fisso, esiste anche un variabile? * Come è definito e per quali importi?

Carriera verticale o carriera orizzontale?

Se fino a poco tempo fare “fare carriera” equivaleva a salire i gradini professionali della scala gerarchica della propria famiglia professionale (ad eccezione delle carriere top per le quali era previsto sempre si sviluppassero esperienze nelle funzioni organizzative strategiche) oggi lo è sempre meno. Ristrutturazioni, acquisti e fusioni unite a strutture organizzative sempre più piatte e all’esigenza di essere sempre più reattivi e in ascolto del “nuovo” ha fatto sì che i profili professionali possano (e in alcuni casi debbano) svilupparsi trasversalmente. Si parla in questi casi di carriere orizzontali contrapponendole a quella verticali (come esemplificato dalle tabelle riportate).
A titolo esemplificativo, una venditrice di un’azienda di medio-grandi dimensioni che fino a qualche anno fa aveva di fronte a sé una sola strada: crescere e diventare Venditrice esperta, per poi Account manager e quindi Responsabile vendite, oggi invece potrebbe trovarsi di fronte a due possibilità diverse che le permetterebbero comunque di mettere a frutto le competenze sviluppate e cioè operare nella stessa funzione e quindi nelle Vendite, ma ricoprendo ruoli diversi oppure cambiare area su posizioni quali l’analista di marketing o il team leader nel customer care oppure allargando lo spettro delle sue conoscenze ultima.
E’ evidente che il passaggio è più facile se si passa da funzione a funzione limitrofa, mentre sarà più arduo passare a una funzione organizzativamente più lontana e con la quale non si hanno legami di vicinato. In questo caso infatti le aree di scopertura fra quanto si sa e quanto si dovrebbe sapere molto probabilmente saranno più ampie e forse si tratterebbe anche il caso di investire in modo massiccio in un intervento di formazione. Quando quindi si pensa al proprio progetto professionale oggi quindi non si ha una unica strada già segnata ma ipotesi diverse da valutare rispetto alle proprie inclinazioni, alle opportunità, al mercato e alle competenze già sviluppate. Una cosa però deve essere chiara: se ci si propone sul mercato nella stra maggioranza di casi ci sentiremo rivolgere una proposta coerente all’esperienza già sviluppata, se vogliamo cambiare mestiere dobbiamo prestare molta attenzione oltre che al progetto (e quindi valutare se coerente con le nostre conoscenze/competenze) anche al messaggio da inviare e quindi al cv, alla lettera di accompagnamento e a come gestire il colloquio di selezione.

Il prima, durante e il dopo colloquio di selezione

Al colloquio di selezione spesso ci si presenta impreparati. Sembra strano a dirsi, ma succede il più delle volte: il candidato preoccupato e teso, sottovaluta il suo ruolo e si limita a una gestione passiva dell’incontro. Si sente osservato e non anche osservatore, selezionato e non anche selezionatore. Si tratta di un grave errore perché solo partecipando consapevolmente e attivamente all’incontro si potranno cogliere gli spunti per valorizzare la propria storia e, aspetto certo non secondario, si sapranno acquisire gli elementi per valutare se la proposta è in linea con le nostre aspirazioni.

Prepararsi a questo incontro richiede metodo, tempo e energia lungo un processo che parte prima e finisce dopo, sia che da parte del candidato che del selezionatore.

PRIMA: PREPARARSI AL COLLOQUIO

1)Focalizzare il proprio patrimonio professionale o esperienziale. Che si sia giovani al primo lavoro piuttosto che senior con anni di esperienza, sarà sempre buona cosa ripercorrere la propria storia ed avere la memoria fresca su dati e fatti, anche quelli che potrebbero sembrare secondari. Un attento bilancio personale e professionale sarà indispensabile per percorrere le tappe successive.
2) Considerare i propri obiettivi professionali e di carriera. Al di là del fatto che si stia stati contattati direttamente o ci si sia proposti sul mercato, è sempre importante darsi un progetto professionale. Aver presente quindi cosa si ricerca e per quali ragioni, soprattutto se si ha già una solida esperienza alle spalle e si potrebbe commettere l’errore di lasciare il vecchio posto per uno meno interessante. E’ bene comunque che anche chi è al primo impiego, abbia le idee chiare (o almeno non vaghe) sull’attività che desidererebbe svolgere piuttosto che scegliere solo rispetto alle offerte che riceverà. Darsi un progetto, non significa innamorarsene ciecamente! Ma darsi anche la possibilità strada facendo di cambiare idea, ma consapevolmente.
3) Fare luce sulle proprie esigenze e vincoli anche personali e considerare per quali offerte si sarebbe disposti eventualmente a barattarle. Un’altra bussola per orientarsi sarà proprio dare voce al proprio cuore “Mi sono appena laureato e voglio sforzarmi di cercare un lavoro interessante continuando a vivere nella mia città, prima di considerare l’ipotesi di trasferirmi”, piuttosto che un “Non ne posso più di viaggiare in continuazione, cerco un lavoro che mi permetta di stare di più con i miei figli”.
4) Informarsi sull’azienda (prodotti/mercati/numeri/concorrenti ect) e/o sulla società di consulenza che gestirà l’incontro (prassi/clienti/ metodi.)
5) Considerare quale potrebbe essere l’offerta. Provate a riflettete sul ruolo che credete (o conoscete anche solo se per somme linee se avete risposto a una inserzione o ricevuto una comunicazione trasparente) vi potrebbero offrire e su come questo potrebbe declinarsi data quella specifica azienda sapete nel caso di risposta a una inserzione o convocazione chiara) vi potrebbero offrire e su come potrebbe essere declinato in quella azienda specifica. Anche in questo caso sarà utile valutare se fra chi si conosce, direttamente o indirettamente, c’ è chi può aiutarvi. Ma, non fidatevi troppo e confrontate i commenti con le informazioni che avete raccolto. Non tutti i testimoni sono attendibili!
6) Confrontatevi rispetto a questo ipotetico ruolo e chiedetevi:
a) rispetto al vostro progetto.
Quali aspetti di questa posizione potrebbero interessarmi? Sono in linea con le mie aspettative? In quali punti si distanziano? Quali aspetti potrebbero essere critici e difficili da gestire? Su quali aspetti invece credo di non aver problemi? Quali i rischi?
b) rispetto al vostro interlocutore
Quali fra le mie esperienze/conoscenze/progetti potrebbero interessargli, dato il suo prodotto/mercato/clienti/tipologia di azienda etc? Quali invece potrebbero non convincerlo e come potrei giocarli al meglio? Quali aspetti potrebbero rendermi particolarmente interessante? Che caratteristiche potrebbero avere i miei concorrenti e come posso valorizzarmi rispetto a loro?
7) Informatevi su chi vi selezionerà: è un uomo del personale, quello che potrebbe essere il nostro futuro capo o collega di funzione, un consulente, uno psicologo? I registri da tenere infatti sono diversi e si entrerà più nel dettaglio delle esperienze se si ha di fronte qualcuno dell’area in cui potremmo essere inseriti, meno se si dialogherà con un esperto di selezione.
8) Considerate come e cosa raccontare di voi e preparatevi soprattutto alle prime classiche domanda: “Mi parli di lei”, “Mi racconti delle sue esperienze professionali”, “Perché ha fatto questi studi” . Potreste trovarvi a dover rispondere senza avere ancora idea del ruolo proposto, in questo caso vi manterrete più sulle generali altrimenti ovviamente evidenzierete soprattutto quanto potrebbe interessare il vostro interlocutore in relazione alle sue esigenze.
9) Fate mente locale alle più comuni domande di selezione e sperimentatevi, un po’ di fluidità, non guasta mai

DURANTE: IL GIORNO DEL COLLOQUIO

1)Ripassate mentalmente una vostra scaletta di autopresentazione
2) Riconsiderate ipotesi che avete fatto rispetto alle eventuali coerenze fra voi e la posizione.
3) Portate con voi un vostro curriculum, anche se molto probabilmente vi faranno compilare un questionario interno, vi sarà comunque utile per non fare conteggi
4) Presentatevi puntuali all'appuntamento, casomai avvertite
5) Focalizzatevi sul vostro interlocutore:
Chi è, quale ruolo ricopre e quindi a quali aspetti presterà più attenzione.
Osservatelo e considerate il suo approccio (all’inizio del colloquio bisognerà seguire il suo stile di conduzione poi, casomai, meno
6) Prestate attenzione a cogliete bene gli elementi della proposta professionale in particolare concentratevi su:
la posizione in azienda, cioè a che livello è inserita, da chi dipende e chi, eventualmente, gestisce.
i contenuti dell'attività che potranno essere definiti da:
- obiettivi da raggiungere
- progetti/attività in atto
- progetti/attività future
- criteri di misurazione risultati
- margini di autonomia
- sviluppi dell'attività
l'inquadramento previsto (attenzione, in Italia ci sono diversi contratti con inquadramenti diversi fate attenzione ad avere capito bene il livello di inserimento).
la retribuzione che è sempre da considerare annua lorda e mai mensile netta (anche in questo caso i diversi trattamenti potrebbero generare equivoci)
Non introducete, però, voi l’argomento retribuzione e inquadramento, se non alla fine del colloquio
7) Se alcuni aspetti non sono chiari, chiedete spiegazioni o dettagli, soprattutto per dimensionare e capire bene il ruolo che vi si prospetta. Il grado di approfondimento sarà maggiore se ci si trova di fronte al quello che potrebbe essere il nostro futuro capo o qualcuno comunque della funzione, piuttosto che se il nostro interlocutore è un consulente.
8) Cercate di instaurare un buon rapporto con il selezionatore
Evidenziate chiaramente gli aspetti di coerenza fra voi e la posizione prospettata, anche se non vi è richiesto esplicitamente. Trovate però "coerenze intelligenti e reali" e non a tutti i costi. Nel fare questo vi saranno di grande aiuto le riflessioni fatte nella fase del “prima del colloquio”. Denunciate anche (ricordando però sempre l’ottica di vendita) gli eventuali aspetti critici o aree scoperte, alleggerendole magari proponendo come superarli. Questa vostra capacità critica piacerà molto, perché e importante trovarsi di fronte a un candidato consapevole anche delle sue scoperture rispetto all’offerta.
A rigore, non rifiutatevi di rispondere a nessuna domanda, piuttosto circoscrivetela.
9) Terminato il colloquio, tornati a casa o in ufficio, stendete una breve nota su come sono andate le cose, sull’offerta, su come vi siete lasciati, sui dubbi e sulle certezze, sui pro e i contro eventualmente anche rispetto al lavoro che già avete.

DOPO: L'ATTESA, VIGILE

1)Riflettete sulla proposta che vi è stata fatta, raccogliete eventualmente altri dati, confrontatevi con conoscenti o amici che potrebbero aiutarvi nella valutazione. Considerate quali potrebbero essere i buoni motivi per farvi cambiare azienda e quali i rischi.
3) Considerate se avete voglia/interesse per un secondo colloquio o le informazioni che avete vi fanno già ritenere la proposta poco interessante.
3) Anche se vi sembra di essere piaciuti, non interrompete la vostra ricerca e se avete altri contatti portateli avanti. Soprattutto se siete al primo lavoro, continuate a promuovervi, potreste infatti aver convinto, ma la scelta ricadere su un altro candidato.
4)Aspettate che il selezionatore si faccia vivo e non sommergetelo di telefonate. Se non vi contatta significa che non ha ancora novità oppure che non siete il candidato che fa al suo caso. Sentitelo solo se dovete prendere urgentemente una decisione: per esempio un’altra azienda vi ha fatto una proposta e dovete decidere in tempi brevi. Non giocate questa carta ad arte per dar l’impressione di essere particolarmente ricercati!
5) Preparatevi per un eventuale secondo colloquio con la stessa realtà. Ora che sapete della posizione potrete ancora più efficacemente riflettere sulle coerenze individuando e proponendo le migliori "motivazioni all'acquisto". Potrete anche considerare meglio, e quindi proporre, come superare eventuali vostre lacune.
6) Valutate come impostare l’eventuale trattativa economica, se non se ne avete già parlato.

Il colloquio di gruppo

Per valutare giovani laureati e diplomati senza esperienza professionale, parecchie aziende e società di ricerca inseriscono nell'iter del processo di selezione anche il colloquio o dinamica di gruppo. Questa prova aiuta il selezionatore a cogliere le capacità di relazione dei candidati e quindi a poter dedurre come potrebbero inserirsi nell' azienda, relazionare con diverse funzioni e lavorare in gruppo. Aspetti che difficilmente si riuscirebbero a cogliere solo attraverso il classico colloquio a due. E' una tappa importante del percorso per l' identificazione della persona da assumere e concorre a formulare il giudizio finale.In alcuni casi, integrata ad altre prove e giudizi, può essere utilizzata anche per valutare lo sviluppo di carriera di un dipendente. In questo caso si costituirà un gruppo fra colleghi.Le diverse tipologie Il colloquio di gruppo può essere organizzato secondo due diverse formule:
+dinamica strutturata
+dinamica destrutturata
Si tratta di dinamica strutturata quando il selezionatore propone al gruppo un preciso caso da esaminare, prima individualmente e poi da discutere in gruppo. Due le varianti: un caso aziendale coerente con la posizione eventualmente da ricoprire ( una piano di marketing per futuri commerciali, un'analisi di bilancio per amministrativi) oppure un caso irreale scollegato dal contesto (è un caso ormai classico quello di un equipaggio sulla luna).
La dinamica destrutturata, invece, non prevede l'assegnazione di un caso. Il selezionatore definisce un arco di tempo che i partecipanti possono gestire, in gruppo, come preferiscono, rendendone poi i risultati. Decisamente più ansiogena, è utilizzata soprattutto nei casi in cui si deve valutare anche la creatività e la reattività generale dei candidati. Un consiglio: non impantanarsi in discussioni sulla politica estera o peggio ancora sul senso del lavoro, sulle proprie motivazioni o altri argomenti generici. Meglio invece proporre un argomento che permetta a tutti di "giocare" insieme, per esempio: organizzare un viaggio, arredare la stanza dove si è in previsione di una festa etc.
Come e' organizzato Si convocano 10/12 persone, anche candidate anche per posizioni diverse, e le si riunisce intorno a un tavolo. A queste viene sottoposto un caso che dovrà essere esaminato prima individualmente e poi discusso in gruppo, entro tempi definiti (dinamica strutturata) oppure lasciato del tempo, da organizzare (dinamica destrutturata).Uno o più selezionatori osservano i lavori e prendono nota di quanto succede.Diverso il caso del colloquio in gruppo, in cui si chiede semplicemente ai partecipanti di presentarsi e di raccontare le proprie aspettative, ma non è previsto un momento di interazione fra i presenti.
Cosa valuta il selezionatore Sia nel caso della dinamica strutturata che destrutturata, l'attenzione è puntata soprattutto sulle relazioni che si instaurano fra i partecipanti e secondariamente anche sulla metodologia che viene seguita per affrontare il caso.Non è il numero degli interventi a contare, quanto piuttosto la capacità di proporre e contemporaneamente di ascoltare, la capacità di accogliere argomentazioni e opinioni altrui, ma anche saper convincere.Le caratteristiche più interessanti da osservare durante il lavoro di gruppo, sono quindi le capacità relazionali in generale, la leadership, la qualità degli interventi e la metodologia di analisi e di risoluzione. Altro elemento importante è costituito dall' attenzione ai tempi e dal rispetto delle istruzioni assegnate.

Il colloquio con il futuro capo

Nel corso dell'iter di selezione incontrerete anche il vostro futuro capo. In alcune situazioni si tratterà del primo colloquio, in altre invece seguirà quello con la direzione del personale o con la società di consulenza che si è occupata della ricerca.Lo stile da adottare, come pure le informazioni da dare e da richiedere, variano rispetto ai diversi interlocutori. Inutile soffermarsi con il futuro capo sull' inquadramento e sulla retribuzione (che eventualmente tratterete con lui più avanti casomai il personale non accettasse la vostra richiesta), come poco efficace è chiedere a chi si occupa di selezione i dettagli sul ruolo prospettato.Quali argomenti trattare quando si incontra il responsabile della funzione?Essenziale è concentrarsi sulla posizione offerta. Bisognerà raccogliere i dati per dimensionarla, per capirne i progetti e le criticità e quindi saper presentare le proprie esperienze professionali in generale focalizzando gli aspetti più coerenti con il ruolo prospettato.Altro elemento da osservare è il capo stesso, le sue caratteristiche e più in generale il suo "stile". La sintonia, quando si lavora gomito a gomito, non è un dettaglio.
Cosa raccontare
1) Se siete alla vostra prima esperienza di lavoro Presentate la vostra storia scolastica e universitaria, spiegate i motivi della scelta, raccontate quali materie o esami avete preferito e date un giudizio critico sul vostro lavoro di tesi.Se avete maturato esperienze di stage, presentate nel dettaglio le attività che avete svolto. Non dimenticate di raccontare anche eventuali lavoretti estivi o occasionali (ufficiali o non) anche se vi sembrano distanti dal lavoro che oggi potreste svolgere. Prestate attenzione alla posizione offerta e chiedete eventuali informazioni e dati aggiuntivi.
2) Se avete già maturato esperienze professionali Trattate, nel dettaglio e con il linguaggio adatto, la vostra storia professionale. Precisate progetti, strumenti, metodologie e risultati prodotti. Evidenziate soprattutto gli aspetti della vostra esperienza più coerenti con la posizione che vi stanno prospettando e con l'azienda.
Una bozza di scaletta potrebbe essere:a) aziende/ studi dove avete lavoratob) dimensionamento delle posizioni ricoperte (concentrandosi sull'ultima su quella più coerente)c) descrizione delle posizioni in termini di:- compiti- obiettivi- progetti- responsabilità- problematiche- budget- numero di persone gestite- relazioni esterne- motivi che vi hanno fatto, eventualmente, cambiare lavoro- analisi critica della professionalità che avete accumulato.
Al vostro futuro capo interessano solo in seconda battuta le vostre aspirazioni e ambizioni. Per prima cosa vuole valutare le vostre competenze per vedere come queste potrebbero essere trasferite nella nuova posizione.Cercate, quindi, di capire con precisione il ruolo che vi viene prospettato così da poter proporre la vostra esperienza nel migliore dei modi.

Il colloquio con la direzione del personale

Nel corso dell'iter di selezione si incontrano interlocutori diversi. Non si tratterà però di repliche di uno stesso canovaccio perchè la dinamica fra due persone è sempre diversa e perché ognuno, rispetto al ruolo che ricopre, cercherà di indagare il candidato da un diverso punto di vista.
Obiettivo del colloquio con la direzione del personale La direzione del Personale è la funzione organizzativa responsabile della gestione dei dipendenti e quindi anche del processo di selezione che gestirà insieme al capo diretto della persona che si sta ricercando. Il Personale presterà attenzione soprattutto alle caratteristiche di personalità, alle aspettative e alle potenzialità mentre il futuro capo si concentrerà nel dettaglio sulle esperienze e fornirà precise informazioni sulla posizione. Insieme, quindi, contribuiranno a scegliere il candidato migliore considerando entrambi i fattori: preparazione, attitudini e personalità.A volte il potere di uno prevale sull'altro, ma in linea di massima la decisione dovrebbe essere di entrambi, proprio perché il loro accordo offre maggiori garanzie sulla copertura complessiva della posizione organizzativa.
Come presentarsi La prima scrematura dei curricula e quindi il primo incontro potrebbe essere anche con un selezionatore junior.Assolutamente vietato il <>. Fate piuttosto attenzione a presentare la vostra esperienza in modo che, anche chi è troppo giovane d'azienda e spesso laureato in materie umanistiche, riesca a comprendere la vostra storia professionale. Al bando gerghi e sigle, non lo colpirete di più. Anzi, il rischio è che, magari sentendosi a disagio non vi chieda spiegazioni e quindi, non riuscendo a decodificare la vostra storia, vi ritenga un candidato poco interessante. Ma, anche nel caso incontriate il direttore del personale o il responsabile della selezione, essere precisi e chiari faciliterà l'incontro. Nel presentarvi, quindi, non entrate tanto nel merito di ogni singola esperienza, quanto piuttosto fornite un quadro generale entro cui riportare la professionalità complessiva che avete via via acquisito. Poi, casomai, entrerete nel merito dei diversi aspetti.
Alcune domande tipiche
ad un giovane:- Mi racconta di lei?- Che mestiere/professione desidera fare?- Quali sono le sue aspettative?- Quali sono i suoi punti di forza e di debolezza?- Perché si è laureato/diplomato in… - (nel caso di studi fuori corso) Come mai il suo percorso scolastico/universitario è stato più lungo del previsto?- Quali attività ha svolto durante gli studi?- Perché ha mandato il curriculum a noi?
ad una persona con esperienza:- Mi racconta di lei e della sua preparazione? - Quali informazioni ha della nostra azienda? - Perché desidera cambiare realtà? - Quali sono stati i motivi per cui ha precedentemente cambiato azienda? - Quali sono le sue aspettative di carriera? - Qual è la sua richiesta retributiva?

Il colloquio con la società di ricerca

L’azienda può appoggiarsi a una società di ricerca e selezione esterna per diversi motivi:
riservatezza, non vuol fare sapere di voler assumere un nuovo dipendente. Le ragioni potrebbero essere: il titolare della posizione non sa ancora che lo si vuole destinare ad altro incarico oppure non si vogliono ricevere “pressioni” dall’interno o dall’esterno.
difficoltà a trovare candidati con profili difficilmente recuperabili sul mercato del lavoro e quindi ci si affida ad una società di head hunter (cacciatori di testa) che dovrebbe avere un archivio aggiornato di persone da “stanare”.
mancanza dello specialista nella selezione del personale all’interno.
periodo di forte carico di lavoro.
politica aziendale che prevede che alcuni livelli di collaboratori siano prima filtrati da specialisti esterni.Il fatto che una ricerca sia affidata a una società di ricerca e selezione non ci dice, quindi, nulla sul livello e sulla serietà generale della ricerca.Non è mai il consulente esterno a decidere chi assumere; il suo compito è quello di selezionare una rosa di candidati coerente con la posizione vacante da presentare al futuro capo e alla direzione del personale dell’azienda. In alcuni casi la società di ricerca si limita anche solo alla selezione su carta dei curricula lasciando tutte le altre fasi all’azienda.Il professionista della società di consulenza certamente è molto preparato nell’indagine del profilo psicologico del candidato dato l’ampio numero di candidati che incontra ogni giorno. Può essere invece meno ferrato sul contenuto professionale da esaminare anche se alcune aziende danno mandato solo a professionisti che conoscono molto bene e alcune volte provengono proprio da esperienze dirette nel settore specifico. Non aspettatevi, però, da lui una precisa descrizione dell’azienda e della posizione, che rimanderete invece ai colloqui con lo specialista del personale e soprattutto con il vostro futuro capo o con un vostro futuro collega.Durante il colloquio con la società di selezione dovete acquisire quegli elementi di base che vi permettano di inquadrare sommariamente la proposta tanto da permettervi di valutare se valga la pena di fissare un secondo colloquio.Come comportarsi Presentare le coerenze fra voi e la posizione offerta, ma anche raccontare in modo più esteso e meno circoscritto la vostra storia professionale per eventuali altre offerte che il consulente potrebbe farvi .Se vi rendete conto che il vostro profilo non è adatto alla posizione, cambiate rotta per valutare insieme altre opportunità.Ricordatevi di inviare eventuali aggiornamenti del vostro curriculum allegando una lettera di accompagnamento indirizzata a chi vi ha selezionato.

Il senso del colloquio

Obiettivo del colloquio di selezione è lo scambio di informazioni fra il candidato e il selezionatore, per valutare l’interesse reciproco:
*il selezionatore deve raccogliere i dati per verificare se le esperienze e caratteristiche della persona sono in linea con le esigenze del ruolo e a sua volta fornire le informazioni sulla posizione e sull'azienda, per permettere al suo interlocutore di valutare l’offerta.
*il candidato deve capire se la posizione offerta è in linea sue aspettative e qual è il grado di affinità con il futuro capo, oltre a raccontare di sé e delle proprie esperienze, in modo che l’azienda possa valutarne la corrispondenza con le caratteristiche ricercate.

Durante il colloquio di selezione ognuno dovrebbe, a rigor di logica, mettere a disposizione dell’altro informazioni e dati nell’interesse reciproco. Un candidato sovradimensionato rispetto alle esigenze del ruolo, come pure sottodimensionato, è infatti un rischio per entrambi:
*sul fronte azienda: obiettivi organizzativi non soddisfatti, gestione di un dipendente scontento del ruolo, possibile riavvio della ricerca.
*per quanto riguarda il candidato: rischio di lasciare un posto di lavoro più interessante di quello proposto oppure di non essere riconfermato dopo il periodo di prova.

Nessun problema quindi, se i rapporti fossero bilanciati. Ma non è sempre così e se, in situazioni paritetiche basterebbe (e non è poco) saper fornire correttamente le informazioni al proprio interlocutore per vagliare insieme i punti di contatto, in alcuni casi è l’azienda che per essere maggiormente attrattiva fa delle promesse che poi non manterrà, in altre il candidato a trovarsi a dover concorrere anche per posizioni poco interessanti. Bene quindi ascoltare il proprio interlocutore, considerando anche l’ipotesi che la sua comunicazione non sia del tutto trasparente.

Prima di affrontare un colloquio di selezione sarà anche bene valutare ogni volta la propria situazione professionale e psicologica perché questa determinerà un diverso stile di gestione del colloquio. In alcuni casi si potrà scegliere e permettersi di scartare delle ipotesi poco interessanti, in altri casi invece si cercherà di far di tutto per accettare, magari a malincuore, anche offerte poco stimolanti. La gestione del colloquio dipenderà inoltre anche dai diversi interlocutori che di volta in volta si incontreranno, dalle loro caratteristiche e dal loro diverso ruolo professionale.

I limiti di un cv cronologico

Il curriculum sulla base di un ordine cronologico ha dei limiti che possono impedire di valorizzare appieno la propria preparazione. Tale impostazione tende infatti ad appiattire titoli e corsi di diversa rilevanza e a premiare percorsi maturati nella stessa area, mortificando professionalità acquisite in posizioni e ruoli diversi.
Vediamo quindi come si potrebbero presentare secondo un altro ordine logico gli studi e le esperienze professionali del curriculum.
a) Gli studi Nel caso di storie articolate, l'area degli studi potrebbe essere scomposta in tre diverse categorie:
* Studi, in cui riportare maturità e laurea;
* Corsi nell'area di specializzazione (per esempio corsi specifici di marketing) e qui indicare, secondo ordine di importanza, i diversi master, corsi di specializzazione o seminari che afferiscono a questo ambito;
* Altri corsi, in cui riportare gli altri corsi fatti, scremando così informazioni determinanti da quelle secondarie.Gli interventi formativi che riguardano le lingue e l'informatica saranno invece riportati nelle rispettive aree.
b) Le esperienze professionali Una storia professionale, può anche avere "anime" diverse e quindi il semplice ordine cronologico mortificarne una, magari quella che proprio ci servirebbe da ponte fra noi e la posizione a cui ci proponiamo. Per esempio, una persona potrebbe essersi occupata, magari anche contemporaneamente, di segreteria e di organizzazione eventi, due attività nella sostanza diverse e che potrebbe convenire valorizzare separatamente. In questo caso si potrebbero scorporare in due aree di competenze: Esperienze di segreteria; Esperienze nell'organizzazione eventi.
Se si utilizza l'ordine cronologico è sempre meglio presentare per prima l'ultima esperienza anche perché questa, se frutto di una storia coerente, dovrebbe essere la massima espressione del proprio percorso.

Il cv europeo

Se desiderate proporvi nell’ambito della pubblica amministrazione o candidarvi per un lavoro all’interno della comunità europea, invece di inviare i vostri dati secondo una impostazione personale può essere opportuno inviarli secondo uno standard preciso riconosciuto ufficialmente in tutta la comunità europea.Attenzione perché lo standard per impostare un curriculum europeo è cambiato e oggi il modello di riferimento non è più il “curriculum formato europeo”, ma “l'Europass curriculum vitae”!Si tratta di un modello che consente di descrivere le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da una persona, al momento della presentazione di una candidatura per un lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. Fornisce informazioni su: * dati personali * competenze linguistiche * esperienze lavorative * percorsi di istruzione e formazione * competenze personali sviluppate anche al di fuori di percorsi formativi di tipo tradizionale Se si intende utilizzare il formato Europass CV per cercare un lavoro in Italia, è opportuno aggiungere la seguente nota sulla privacy: "autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" .
Il form in Italiano Scaricalo dal sito Europass cliccando qui Esempio di CV il ItalianoTroverete esempi in tutte le lingue comunitarie cliccando qui Se desiderate essere accompagnati nella compilazione del curriculum europeo troverete istruzioni chiare, passo per passo cliccando qui

Cinque principi base per un buon CV (suggeriti da Europass)
1. Concentratevi sui punti essenziali* Un CV dev'essere breve: nella maggior parte dei casi bastano 1/2 pagine. Ad ogni modo, non superare le 3 pagine.
* Se la vostra esperienza professionale è limitata, descrivete innanzitutto la vostra istruzione e formazione, specificando le attività lavorative svolte durante la formazione* Se le competenze linguistiche sono importanti per il lavoro per il quale presentate domanda, compilate l'Europass Passaporto delle lingue disponibile su questo sito e allegatelo al CV. 2. Siate chiari e concisi * Usate frasi brevi. Concentratevi sugli aspetti principali della vostra formazione ed esperienza professionali. * Spiegate eventuali interruzioni durante i vostri studi o la vostra carriera.
3. Adattate il CV al posto per il quale presentate domanda * Prima di inviare il CV ad un datore di lavoro, controllate che corrisponda al profilo richiesto. * Non inserite esperienze lavorative o formazione non importanti ai fini della domanda. * Sottolineate i vostri punti di forza rispetto alle esigenze specifiche del futuro datore di lavoro. * Attenzione: non gonfiate artificialmente il vostro CV: se lo fate, è probabile che ciò venga scperto durante un colloquio.
4. Fate attenzione a come presentate il CV* Indicate capacità e competenze in modo chiaro e logico per evidenziare i vostri punti di forza. * Fate attenzione a dettagli quali ortografia e punteggiatura. * NB: Stampate il CV su carta bianca. * Mantenere font e layout suggeriti.
5. Verificate il CV una volta compilato * Eliminate ogni errore di ortografia e assicuratevi che sia esposto in modo chiaro e logico. * Fate rileggere il vostro CV ad una terza persona per essere certi che il contenuto sia chiaro e comprensibile.

Scrivere un cv è semplice, farne una comunicazione efficace meno

Scrivere un curriculum è semplice.
Impostare una comunicazione che valorizzi la propria storia e catturi le esigenze dell’interlocutore, è però altra cosa. La differenza è nella personalizzazione, che rende interessante il contenuto e lo fa emergere.

Le premessa per stendere un testo davvero efficace è:
· riconoscere la propria preparazione,
· interrogarsi sulle esigenze di ogni diverso interlocutore
· valutare ogni volta quali aspetti sia più opportuno evidenziare rispetto alle esigenze del destinatario

Chiarezza, precisione e sintesi, sono i requisiti di un buon cv, ma contrariamente a quanto si ritiene, lo sforzo non deve essere quello di contenere in una o due pagine tutto quanto riguarda la propria storia formativa e esperienziale, ma selezionare le informazioni rispetto alla posizione a cui ci si propone di volta in volta. La comunicazione deve essere quindi personalizzata e mirata, il rischio altrimenti è di un curriculum banale e piatto in cui non emergono gli elementi che possono renderlo davvero interessante.
Non basta che una storia professionale sia ricca, deve essere percepita come pertinente.

La prima lettura dei cv è “a colpo d’occhio” e in questo brevissimo tempo/spazio a disposizione bisogna sforzarsi di catturare l’attenzione di chi ci legge, palesandogli l’idea che potrebbe esserci una convenienza nell’approfondire la nostra conoscenza.

Tanto più invece il nostro curriculum sarà piatto, tanto più la selezione si concentrerà su dati quali: l’ età, preferendo generalmente candidati più giovani; le votazioni, scegliendo chi ha ottenuto ottimi risultati e il sesso, optando per candidature maschili. Elementi decisamente meno rilevanti in un cv ben scritto.

Se una professionalità convince è perché si è compreso che potrebbe soddisfare i requisiti della posizione. Poco importa a questo punto se il candidato ha 45 invece che 30 anni e le stesse obiezioni circa un suo maggiore costo e una sua ipotizzata minore duttilità, passeranno in secondo piano. Se un giovane laureato ha elaborato una tesi sul mercato in cui opera l’azienda a cui si propone, oppure ha seguito un corso sui macchinari installati in quello stabilimento, lo si convoca anche se si è laureato in ritardo.
Tutto questo, però, solo se queste informazioni sono emerse chiaramente nella lettera di accompagnamento e nel cv.

Quindi, anche per superare i pregiudizi che il selezionatore potrebbe avere, c’ è un’arma potente: imparare a presentarsi valorizzando la propria esperienza in modo che chi la legge colga facilmente in essa la risoluzione a un suo problema. Una storia deve essere proposta a misura dell’interlocutore dopo aver riflettuto su quali aspetti, progetti, conoscenze possono interessargli di più ipotizzando corrispondano all’ identikit che si è fatto del candidato ideale per ricoprire il ruolo per cui cerca.
In conclusione: scrivere un cv banale è facile, basta attenersi alle solite regole o ancor più semplice compilare un form o utilizzare il modello europeo, ma in questo testo la posta è un’altra: scrivere un curriculum che salti davvero all’occhio e non per presentazioni pirotecniche, artifici grafici o carte colorate, ma semplicemente perché scritto bene pensando ai punti di contatto fra la propria esperienza e il destinatario.

Le 7 aree di un cv

Le aree di un curriculum

Normalmente un cv è organizzato in 7 aree, ve le proponiamo di seguito. Nei tot (indicare numero) diversi esempi riportati più in là nel testo potrete osservare come possono venire caratterizzate e come acquisiscono una rilevanza diversa, in relazione alle storie professionali e alle differenti posizioni a cui ci si propone.

Dati anagrafici

· Nome e cognome, senza alcun titolo.
· Data e luogo di nascita
· Indirizzo, per semplicità potete riportate semplicemente l’indirizzo in cui abitate.
· Recapiti telefonici, indicate senza preoccupazione anche il vostro numero di ufficio, precisando che non è il vostro numero privato, chi vi contatterà saprà essere riservato. Riportate anche il numero del vostro cellulare, a cui avrete collegato una segreteria telefonica
· e.mail, meglio non utilizzare quella dell’ufficio dotatevene di una personale
· Stato civile, a rigore non è da indicare
· Nazionalità, nel caso si sia stranieri o si invii un cv in altra nazione. Se non si è italiani è bene indicare anche i dati del permesso di soggiorno e di lavoro
· Fotografia, da allegare solo se richiesta. Generalmente va bene formato tessera.



Studi compiuti

Nell’organizzare la sezione degli studi si può scegliere tra due modelli di elencazione: cronologico dall’esperienza più recente oppure dall’esperienza più remota.
Per ogni passaggio indicare: titolo, data di conseguimento, istituto/università, città, votazione conseguita (che si può omettere, ma la cui dimenticanza dichiara un percorso non perfetto).
A proposito dei percorsi di laurea, indicarne il livello e la durata precisando per maggiore chiarezza se si tratta del vecchio o del nuovo ordinamento e eventualmente, se la comunicazione risultasse migliore, riportate anche la classe di riferimento.

Se si sono interrotti gli studi, conviene indicarli comunque segnalando gli esami eventualmente sostenuti.

Nel caso si sia cambiato percorso universitario, due le scelte: non dare l’informazione, con il rischio però di tempi dilatati fra il conseguimento della maturità e laurea, oppure specificarlo trattandone anche nella lettera di accompagnamento e spiegandone le ragioni. Se possibile si cerchi di valorizzare comunque gli studi fatti in relazione alla posizione a cui ci si propone (se possibile, altrimenti meglio non esagerare con le giustificazioni!). Per esempio un ragazzo che ha frequentato Farmacia e poi passa ad Economia potrebbe segnalare gli esami/studi affrontati nel primo percorso, se si propone per il marketing di una azienda di cosmesi.

Un neolaureato può evidenziare alcuni esami specifici del suo percorso, in coerenza con la posizione verso cui si propone.

Chi ha sviluppato percorso all’estero, non riporti solo il titolo conseguito, ma ne specifichi durata, materie e obiettivi. Se è possibile specifichi l’equiparazione con i titoli italiani.

Alla tesi si deve dedicare uno spazio coerente con la rilevanza che si intende attribuirle. Un laureato che ha svolto un lavoro che ha delle attinenza con la posizione a cui si propone, potrà valorizzarlo in 4/5 righe riportando: tesi, obiettivi, metodologia, risultati.

Le esperienza Erasmus o analoghe sono sempre da segnalare indicando: periodo, durata, località e esami sostenuti

In questa aree è da riportare anche il tirocinio obbligatorio o lo stage pre o post laurea. I neolaureati riporteranno questa voce, specificandola, anche nell’area dedicata alle esperienze professionali.


Corsi di specializzazione

Meglio separarli dalla voce Studi e organizzarli, se è il caso, in due aree:
i corsi di specializzazione/approfondimento su tematiche relative al ruolo per cui ci si propone;
i corsi su tematiche diverse.
Obiettivo è non confondere in un elenco dati di rilevanza diversa.
In quest’area la cronologia può prendere il posto alla rilevanza: un Mba sarà sempre la prima informazione da dare, anche se non si tratta dell’ultima esperienza formativa.

Indicare titolo (o materia se la lettura può essere semplificata), diploma o certificazione eventualmente conseguito, durata in ore/giorni/anni secondo i casi, istituto/università, obiettivi formativi, principali argomenti affrontati.
Lo spazio da dedicare al singolo corso sarà in relazione alla rilevanza assoluta ma anche relativa (un neolaureato tratterà in modo esteso: 4/5 righe il master appena concluso che è durato 6 mesi. Lo stesso master sarà riportato in due righe o solo enunciato, con l’avanzare della sua esperienza professionale).
Se l’elenco dei corsi sostenuti è troppo esteso, meglio raggrupparli per aree.

Sono da riportare anche i corsi erogati dalla propria azienda.

Non si riportano in quest’area corsi che hanno a che fare con le lingue o l’informatica a cui sono dedicati spazi specifici.


Lingue straniere

E’ una area che assume sempre più importanza, riportare le lingue e il grado di conoscenza. Se non avete conseguito certificazioni ufficiali, indicate pure i corsi sostenuti indicando il livello o utilizzate la griglia per l’autovalutazione delle competenze linguistiche che riportiamo, a cui fa riferimento al Quadro Comune Europeo.

In quest’area sono da riportare anche esperienze di vita e lavoro all’estero (anche nel caso si tratti di cosiddetti “lavoretti”). E’ da ribadire anche l’eventuale Erasmus


Conoscenze informatiche

Area che assume una rilevanza diversa rispetto alla posizione a cui ci si propone. Il dettaglio richiesto a un informatico evidentemente sarà diverso rispetto al semplice utilizzatore.

Evidenziare pacchetti, applicativi e tool specifici della professione.

Anche in questo caso si può attestare la conoscenza dell’utilizzo del p.c. con il diploma Ecdl (European computer driving licence), definita anche Patente europea per l'uso del computer, una certificazione della formazione informatica di base rilasciata in 17 paesi europei. Serve per attestare la capacità di lavorare col personal computer e con le comuni applicazioni e la conoscenza essenziale della tecnologia dell'informazione (IT) a livello dell'utente generico.

Le esperienze professionali

Nel caso di esperienze senior, le esperienze professionali sono frequentemente proposte in apertura del curriculum.
Qui i neolaureati riporteranno anche le esperienze di stage, indicando che si è trattato di tirocinio, ma riportando con precisione azienda, periodo, progetto seguito, competenze sviluppate.

E’ l’area fondamentale per la maggior parte dei cv a cui è importante attribuire importanza e rilevanza. Le esperienze sono generalmente proposte dalla più recente oppure, nel caso di storie più articolate e diversificate, organizzate per aree di competenze o tipologia di professioni (come troveremo evidenziato in alcuni dei cv che di seguito vi proponiamo).

Generalmente si attribuisce più importanza all’esperienza più recente, a meno che il candidato non voglia collegarsi più opportunamente data la posizione a cui si propone ad altre esperienze

Le diverse esperienze vanno presentate in modo chiaro e preciso indicando periodo, azienda e tipologia, posizione ricoperta, job description con dati per dimensionarla correttamente, progetti affrontati e risultati conseguiti.

Attenzione, nessuna posizione, neppure quella più elementare, enunciata specifica automaticamente il contenuto del ruolo. Non indicate quindi mai solo “Controller”, ma declinate quanto avete svolto in 4/5 righe, che possono arrivare ad essere 6/7 nel caso di esperienze più complesse o recenti. Neppure un giovane al primo lavoro può quindi limitarsi a una rapida definizione, il ruolo va descritto bene e con precisione. Sarà questa molto probabilmente l’area a cui il selezionatore presterà più attenzione.

Nell’impostarla, ricordate sempre le esigenze di focalizzazione rispetto agli aspetti che ritenete possano interessare di più il vostro interlocutore. Selezionate quindi fra i tanti, i progetti e gli aspetti più pertinenti.

Quest’area può essere resa più leggibile se all’escursus delle diverse esperienze viene anticipato da una Sintesi delle esperienze sviluppate. 6/7 righe in cui evidenziare gli aspetti più rilevanti e significativi delle esperienze, dei progetti e dei risultati conseguiti.


Hobby e interessi

E’ un’area assolutamente secondaria nel cv (non si scelgono i candidati da convocare in virtù degli interessi o sport praticati) ma che sarà invece approfondita specie per i giovani, durante il colloquio di selezione. Occasione questa in cui non ci si limita a osservare conoscenze e esperienze (come con la lettura del cv) ma ci si incuriosisce anche sulla persona, caratteristiche e carattere.

Meglio riportare sport e interessi solo nel caso se ne abbiano di particolari o si voglia attraverso la loro espressione raccontare delle proprie caratteristiche personali. In questo caso sarà bene spiegare al selezionatore la chiave di lettura che proponete (sportivo, quindi: so lavorare in gruppo, piuttosto che so resistere allo stress infatti durante le gare, oppure ho grande capacità di concentrazione oppure ancora, presto attenzione alle mosse dell’avversario).

Liberatoria

Il cv deve essere sempre chiuso dalla liberatoria sulla privacy e firmato. E’ sufficiente la formula: Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del Dlgs 196 del 30 giugno 2003”

sabato 4 luglio 2009

Qual è il tuo marchio?


"Più valore offri e meno conta il prezzo."Lo dice Jeffrey Gitomer, grande esperto di vendita, autore di molti libri, consulente di aziende come Coca Cola, BMW, A.C. Nielsen.In generale, quanto siamo disposti a pagare per un abito di Armani, un orologio Rolex, un paio di scarpe NIKE? Certamente molto di più che per un prodotto della marca "pincopallino" mai sentita prima. Questo perché ai prodotti "di marca" riconosciamo un valore maggiore. Ma in fondo siamo anche consapevoli del fatto che il valore di quei prodotti deriva in buona misura proprio dalla marca, che, come insegnano gli esperti di marketing è un attributo intangibile del prodotto. Eppure le aziende investono ingenti somme su questo intangibile, realizzando campagne di brand equity per diffondere il valore del proprio marchio e posizionarlo nella mente della gente al punto da collegarlo strettamente alla soddisfazione di un determinato bisogno.


A questo punto ti chiediamo: quanto è forte il tuo marchio?Attenzione, non è il marchio della tua azienda che è in questione ora, ma il TUO marchio personale, ovvero la percezione che gli altri hanno del tuo valore. Al tuo collega è stato dato l'aumento o un avanzamento di carriera e a te no? Il tuo partner ha sempre qualcosa di meglio da fare che passare del tempo con te?I tuoi figli non ti prestano ascolto?Se hai risposto Si ad almeno una di queste domande, forse è venuto il momento di investire più tempo nel rafforzamento del tuo marchio.E' importante che tu lo faccia perché da questo può dipendere la tua felicità e soddisfazione in ogni settore della tua vita. La prima domanda che si pongono gli uomini di marketing è: cosa rende il mio prodotto tanto speciale? Cosa lo distingue dalla concorrenza?E tu, ti sei mai chiesto cosa ti rende una persona speciale? In che modo contribuisci al business della tua azienda o a rendere più piacevole la vita di chi ti sta vicino? Scrivi la risposta su un pezzo di carta e leggilo più volte all'inizio e al termine di ogni giornata, ma soprattutto ogni volta che le cose non vanno come vorresti, quando qualcuno sfoga su di te le proprie ansie e delusioni o quando ti senti scarico di energie. Oltre a conoscere i propri punti di forza le aziende si posizionano sul mercato, ovvero si rivolgono ad un particolare gruppo di clienti, in questo modo massimizzano i propri investimenti.È impossibile essere apprezzati da tutti, quindi se non vuoi sprecare energie inutilmente nel tentativo di ricevere consensi ovunque fai come le aziende, definisci il tuo "cliente target", ovvero per chi vuoi essere veramente speciale. Negli slogan che accompagnano un marchio vengono spesso condensate le risposte che le aziende danno alle alle domande "cosa ti rende speciale?" e "per chi vuoi essere speciale?" Ecco alcuni esempi:Vuol dire fiducia - Per chi non si accontenta - Spazio alle idee - L'effervescente naturale - You can - Voglio il meglio - Le tue ali - Your potential. Our passion - La potenza è nulla senza controllo - Sensing the Difference - The power of dreams. Hai riconosciuto a quale marca corrispondono?Quale potrebbe essere il tuo slogan? Metti in moto la tua fantasia! A questo punto non ti resta che curare la tua campagna di comunicazione perché ricorda: avrai valore nella misura in cui sarai in grado di renderlo visibile e farlo percepire agli altri. Come disse Oscar Wilde: "Al mondo non vi è nulla di più fastidioso dell'essere qualcuno di cui non si parla affatto".

Pubblicato sulla newsletter Leader di te stesso a cura di HRD Training Group.

Premesse per un progetto professionale

Un Progetto professionale, premessa per promuoversi sul mercato del lavoro in modo efficace e consapevole, è di qualità quando rispetta il profilo personale e professionale della persona e cioè ne rispetta il suo mondo interno ed esterno e quindi se:

1) corrisponde al mondo dei desideri e delle aspirazioni, dimensione solo apparentemente consapevole perché spesso resa opaca da processi di razionalizzazione. Non basterà comunque solo dar nome a quanto si desidera, ma anche valutarne l’intensità delle motivazioni, che rappresentano un elemento di cruciale importanza.

2) tiene conto di un livello più “profondo”: quello delle risorse e delle potenzialità. La decisione deve basarsi sulla disponibilità di alcune attitudini generali, la consistenza di specifiche capacità (incluse le life skills in generale), la focalizzazione sulle proprie competenze professionali e l’approfondimento delle proprie potenzialità.

Luisa Adani

3) si confronta con il proprio sistema di riferimento individuale. Occorrerà quindi analizzare quegli elementi obiettivi che fanno parte imprescindibile della propria realtà: la propria biografia, il proprio curriculum, i vincoli anche personali, le opportunità che possono derivare anche dal proprio sistema familiare e infine anche dalle proprie risorse economiche e sociali.

4) si basa anche sui vincoli e sulle opportunità che emergono dal contesto di riferimento individuale: caratteristiche del territorio in cui abita/desidera lavorare; livelli di sviluppo economico del suo ambiente; andamento del mercato del lavoro e nazionale; politiche occupazionali in atto, livelli di innovazione tecnologica, trasformazioni in atto nel sistema produttivo, ecc.

domenica 21 giugno 2009

I dirigenti che perdono il lavoro

Chi mai l’avrebbe detto, negli anni ’80? Proprio loro, i ventenni del decen­nio rampante per antonomasia, ades­so, a cinquant’anni, rischiano di tro­varsi da un giorno all’altro senza pol­trona e scrivania. «La crisi sta metten­do una pietra sopra alla carriera intesa come una crescita, più o meno lenta ma continua, della propria posizione professionale», sentenziano impietosi i cacciatori di teste. Un colpo al cuore per chi nella vita, anche per un secon­do soltanto, ha creduto alle promesse dello yuppismo.D’altra parte è dagli anni ’90 che i giovani determinati a giocarsi tutte le carte sul mercato del lavoro si sono adattati all’idea di diventare sempre più imprenditori di se stessi, flessibili, pronti a cambiare ruolo a seconda del­le esigenze dell’organizzazione. Oggi, però, questa cassetta degli attrezzi, fat­ta di adattabilità e inventiva, da sola non basta più. I dirigenti stanno impa­rando sulla loro pelle a fare passi indie­tro. Sei direttore generale? L’azienda chiude e pur di lavorare torni a fare il direttore vendite. Poi domani si vedrà. Le società di executive search sono inondate da curri­culum e richieste di colloquio. Nello stes­so tempo le posizioni vacanti sono diminui­te. «I dirigenti ci con­tattano a volte con una scusa, ma l’obiet­tivo è sempre fare il punto sulla loro situa­zione professionale.Chi non ha un piano B si sente con le spal­le al muro», racconta Cristina Spagna, diret­tore generale di Kilpa­trick Executive Sear­ch. Ma cosa sarebbe «un piano B»? «Una strada alternativa. Sei in una posizione che funziona ma nel­lo stesso tempo ti coltivi un’alternati­va. Una via d’uscita nel caso dall’oggi al domani ti comunichino che non hanno più bisogno di te».
La crisi dei manager è anche una cri­si di Milano e della Lombardia. I diri­genti in Italia sono 125.500, di questi il 57% sono concentrati in regione. Non a caso: in Lombardia si trova la gran parte delle multinazionali. E nelle grandi aziende fare carriera è sempre stato più facile. Nell’ultimo anno i diri­genti si sono ridotti a 120 mila, oltre cinquemila in meno. La crisi ha colpi­to duro soprattutto nell’industria. E so­prattutto a Milano e dintorni. «Le mul­tinazionali stanno tagliando. I quartier generali sono sempre più all’estero e sempre meno a Milano», racconta Cri­stina Spagna. «Chi trova lavoro passa ad aziende più piccole che, a differen­za delle multinazionali, non sono sem­pre concentrate a Milano. E così anche il manager è costretto a traslocare. Il tutto ridimensionando le pretese ri­guardo a benefit, orari di lavoro. Sti­pendio », raccontano in Manageritalia, l’associazione che raggruppa i dirigen­ti dei servizi.«Ormai anche ai livelli più alti la glo­balizzazione è vera — continua Spa­gna —. Se l’azienda cerca un manager, poi, non è detto che lo assuma in Ita­lia. E anche quando si parla di giovani promettenti, ingegneri per esempio, c’è chi li va a prendere in India. Tanto parlano perfettamente inglese. Magari pretendono anche meno».La prima arma di difesa che i mana­ger cercano di utilizzare è quella del networking, termine inglese che poi vuol dire relazioni, salotti, amicizie che contano. «In questo momento a tutti è richiesta una maggiore capacità di muoversi all’interno dei diversi con­testi, per costruire consenso attorno a sè», racconta tra gli altri Pierfrancesco Gherardi, direttore generale della divi­sione Digital di De Agostini editore. E così si investe sull’iscrizione al circolo giusto, il salotto, la partita a golf. «Nei settori più vicini al pubblico il benvole­re della politica può fare la differen­za », dicono a taccuini chiusi i profes­sionisti dell’executive search.«La paura impera, inutile negarlo— conclude Giuseppe Truglia, presiden­te di Manageritalia a Milano —. Anche perché chi perde il posto non sa quan­to tempo ci metterà a trovarne un al­tro e a quanto dovrà rinunciare. Chi ha la fortuna di non subire scossoni è co­munque in una situazione delicata. Perché ormai l’azienda non program­ma più la carriera assieme a te. E cia­scuno deve inventarsi un percorso». Nella speranza di non sbagliare nessu­na mossa.
Rita Querzè
copiato da Corriere della Sera 20 giugno

sabato 20 giugno 2009

Quante volte si cambia in Europa

http://miojob.repubblica.it/notizie-e-servizi/dossier/dettaglio/CONFRONTO-EUROPEO:-VOGLIA-DI-CAMBIARE-AZIENDA/1972469

http://miojob.repubblica.it/notizie-e-servizi/dossier/dettaglio/UNA-VITA-IN-UFFICIO:-GLI-ANNI-CON-LA-STESSA-IMPRESA/1972476

Perchè si cambia

Un lavoratore su cinque si propone di cambiare impiego. Per migliorare i guadagni, le prospettive, il rapporto con i dirigenti. Ma a ricoprire i ruoli più importanti sono soprattutto quelli che rimangono nelle imprese e per sei su dieci che hanno cambiato non c'è stato miglioramento retributivo.
di FEDERICO PACE
Ciascuno cova almeno un desiderio. Ciascuno porta dentro di sé un sogno diverso da quello degli altri. Eppure quando si tratta della vita in ufficio spesso il sogno finisce per prendere una forma condivisa e comune: la voglia di cambiare lavoro. Tanti sono, soprattutto in questi primi giorni dell’anno, quelli che pensano alla possibilità di prendere le cose e filarsela via. In un altro posto. In un’altra azienda. Tanto che se c’è una cosa, almeno una, che unisce impiegati e manager, questa è proprio quel taciuto desiderio di trovare un impiego migliore.
Per il 2007, secondo alcune indagini pubblicate in questi giorni, un lavoratore su cinque si propone di trovarsi un’altra impresa. Le ragioni sono quelle tradizionali: l’insoddisfazione per la busta paga e la disillusione per le prospettive di carriera. In Italia, secondo i dati Plus-Isfol, solo il 49,9 per cento degli italiani è soddisfatto delle prospettive di carriera. E la retribuzione attuale appaga solo il 53,8% dei lavoratori.
C’è, secondo gli esperti, una stretta correlazione tra il livello di soddisfazione del lavoro e la voglia di cambiare lavoro. Tanto che si arriva anche a parlare di una specie di ciclo periodico in cui si alternano l’insoddisfazione per il lavoro, l’effetto "luna di miele" appena si cambia lavoro (con una specie di felicità indipendente dalle condizioni oggettive) a cui fa seguito una inesorabile “ricaduta”. Con il rischio che dopo qualche mese si ripresenti il problema.
Ma dove è che il desiderio di lasciare un posto si fa più evidente? In quali imprese lavorano i dipendenti che più di altri si sentono spinti a lasciare la strada vecchia? “Il fenomeno – ci ha detto Paolo Citterio, presidente dell’Associazione direttori risorse Umane (Gidp/Hrda) network di 1850 direttori o dirigenti del personale - si sente soprattutto nelle imprese medie e piccole. Nelle imprese grandi c’è la “tavola dei rimpiazzi”, ciascuno è destinato ad andare in un posto superiore, quando uno dà le dimissioni, c’è sempre un altro che può prenderne il posto. Nelle medie e piccole aziende questa politica non c’è e le persone provano più disagio. Sono imprese che formano il tessuto italiano, ed è soprattutto in queste imprese che si impara bene a conoscere il funzionamento di un'impresa, ma quando si sta in un’azienda piccola o media che non dà prospettive di carriera è meglio provare cambiare.”
Insomma le dimensioni contano. Ma a rendere difficili le cose ci si mette anche il complesso rapporto con il diretto responsabile. Secondo i dati dell’indagine Kelly Global Workforce Index, realizzata da Kelly Services, multinazionale di servizi per le risorse umane, gli italiani sono tra i lavoratori che vanno meno d’accordo con i capi. Se potessero assegnare loro un voto, i responsabili si dovrebbero accontentare di un misero 6,2. Voti bassi su quasi ogni aspetto: appena sufficiente per leadership e attitudine alla delega delle responsabilità e insufficiente per la comunicativa e lo spirito di squadra. I più critici sono soprattutto quei lavoratori nel pieno della “maturità": chi ha 35 anni assegna un 5,9 e chi ha tra 45 e 54 anni solo 5,5.
Ma cambiare azienda non sempre paga. Muoversi conviene soprattutto nelle prime fasi di sviluppo della propria carriera. Sono i giovani a trarre maggiori benefici dai passagi da un'impresa all’altra (non sempre volontariamente). Gli incrementi salariali avvengono soprattutto nella prima fase. Ma forse quello che più conta è che a coprire i posti direttivi nelle imprese sono spesso i candidati interni all’impresa. All’inizio della carriera uno o due cambiamenti sono buoni ma in seguito c’è da stare più attenti. Dai dati dell'Isfol emerge che poco meno della metà degli occupati (il 46%) ha cambiato almeno una volta mestiere o professione nella propria vita lavorativa, ma per il 50% di loro non c'è stato alcun miglioramento in termini di affermazione e carriera mentre per oltre il 58% non ci sono stati miglioramenti retributivi.
Secondo i recenti dati dell’ultimo Eurobaromentro, il 21% degli italiani non ha mai cambiato azienda durante l’arco della propria carriera professionale e il 47% lo ha fatto tra una e 5 volte. Solo il 3% più di sei volte. Il 28 per cento lavora con lo stesso datore di lavoro da più di dieci anni e il 13% da almeno sei anni. Solo il 3% da meno di un anno.
Ovviamente il mercato esterno condiziona le decisioni individuali. Allora, come sarà il mercato del lavoro nei prossimi mesi? Seppure i dati Istat hanno mostrato un tasso di disoccupazione ai minimi dal 1992, il mercato del lavoro italiano sembra muoversi pochissimo. Da qui a marzo, secondo le stime di Manpower, l’evoluzione del mercato sarà ancora molto tiepida. Solo otto aziende su cento si dicono pronte ad assumere. Soprattutto quelle operative nel settore dei servizi finanziari e in quello dei servizi sociali alla persona

copiato da: Miojob

consigli per cambiare vita

Pubblichiamo un articolo apparso sul sito spagnolo www.univision.com a firma Maria Jesus Rivas.
Consigli per cambiare vita
E' possibile trasformare la nostra vita ? Dopo aver relegato i nostri sogni e desideri all'ultimo posto di una vita insoddisfacente e fatta di routine, è ancora possibile cercare di vivere bene, soddisfatti e felici ? A quanto pare sì, seguendo alcune semplici tecniche.
Il momento di dire basta
Isabel, medico endocrinoglogo di 43 anni ha lasciato il suo ospedale per diventare monaca di clausura; Kim professore di liceo decise di sottoposi all'operazione che l'avrebbe reso donna; a 47 anni Miguel scelse di abbandonare la sua carriera di chef in un rinomato ristorante per dedicarsi alla ristrutturazione di abitazioni di piccoli villaggi spagnoli; Clara era giudice e oggi oltre ad insegnare danza classica è ballerina. Era arrivato per loro il momento di dire “Basta” di decidere di iniziare da zero una vita nuova. Non era abbastanza “ritoccare” un po' la vita di tutti i giorni, renderla più accettabile, era necessario un cambio radicale, certo pensato e ben valutato, che avrebbe dato cambianto totalmente il loro modo di vivere. Ma cercavano la felicità, e così facendo l'hanno trovata. Alcuni cambiano sesso, paese, cultura, religione, altri modificano la propria professione o l'attività, ma una cosa è comune a tutti : lo stupore, l'incredulità e la sorpresa di chi è loro vicino. Il cambiamento è una decisione difficile da prendere – dicono gli esperti – ma una volta presa i primi a sorprendersi sono proprio i protagonisti, coloro che hanno scelto di cambiare. Una cambio totale di vita, lasciando tutto ? Tutti prima o poi ci pensiamo, quando siamo oppressi dalla routine e dallo stress. I casi reali di Isabel, Miguel, Kim e Clara ci dimostrano però che si può cancellare tutto, cambiare radicalmente, crearsi una nuova vita. Prima di tutto però è necessario e fondamentale conoscersi molto bene.
Il cambiamento non è facile
Sebbene il più delle volte non sia necessario un cambiamento radicale per migliorare la vita di tutti i giorni, ma sia sufficiente introdurre delle piccole accortezze, gli studiosi hanno scoperto recentemente che la voglia di lasciare tutto e ricominciare da zero avviene in coincidenza della cosiddetta “crisi di mezza età”,cioè nel momento in cui ci si ferma a fare un bilancio di come si è vissuto e di cosa si è realizzato. Il cambiamento radicale è un passo difficile da compiere a qualsiasi età e spesso la routine e i legami affettivifungono da paravento. L'inerzia, gli obblighi familiari, l'illusione della sicurezza e la precarietà di un posto di lavoro sono ostacoli posti lungo il cammino verso il cambiamento, per non parlare della paura e dell'ansia che inplica una dcisione così radicale. Nonostante tutto però – dicono gli esperti - si può scegliere di cambiare il proprio destino, lasciandosi alle spalle l'insoddisfazione e il malessere, dopo aver riflettuto attentamente e profondamente e seguendo gli adeguati iter. Sempre più persone si sentono vittime di uno stile di vita inerte, noioso e sentono di aver perso il controllo della propria vita, del proprio destino. Quando questo malessere è marcato le persone si sentono intrappolate in una realtà che non si sono scelte, e desiderano cambiare, cercando di crearsi una vita che rispecchi di più i loro sogni e desideri.
Analizzare il cambiamento
Prima di tutto si devono analizzare, riconoscere e ricondurre alle cause prime, gli attegiamenti che si mantengono in caso di successo o insuccesso, poiché è in queste eventuali insicurezze, timori o comportamenti accomodanti che si devono effettuare i principali cambiamenti. Cambiare la forma senza cambiare la sostanza conduce solo e sempre alle stesse conclusioni. Se si aspira ad un cambiamento che apporti una vita gratificante si può cadere nell'errore, molto comune, di idealizzare il proprio futuro immaginando un paradiso fantastico e perdendo di vista la realtà. Più il progetto di cambiamento si allontana dalle nostre reali, oggettive possibilità, più sarà vicina la delusione. Vivere in campagna o cambiare lavoro sono cambiamenti possibili solo se si è in grado di riconoscersi nei prorpi progetti, altrmenti si richia di cadere nelle trappola di un falso cambiamento. Spesso chi è annoiato dalla propria vita si crea l'idea di scomparire, di lasciare tutto per ricominciare tutto daccapo, come quelle persone che decidono di abbandonare il lavoro in città per trasferirsi in un piccolo paese. È una fuga, e quando si fugge da un conflitto questo si ripresenterà di nuovo : è sempre meglio riconoscerlo, affrontarlo e poi decidere se cambiare vita radicalmente è ancora ciò che si desidera.
Un Viaggio interiore
Un altro errore comune è quello di cercare di cambiare tutto facendo in modo che nulla cambi. E' il caso di chi cambia lavoro per delle aspettative : trovarsi in un posto più piacevole, avere più tempo libero, dedicarsi a qualcosa di più incentivante. In realtà il malessere che genera qesti pensieri non ha origine nel campo lavorativo, ma in se stessi per poi tradursi in una serie di abitudini che si vanno a sommare alla routine quotidiana. Il passo da cui partire prima di affrontare qualunque cambiamento consiste in un viaggio interiore, scoprirsi, re-incontrare la propria identità, la propria natura profonda. Secondo la psicologa e psicanalista spagnola Marga Pascual, “se dopo aver analizzato a fondo questa decisione si crede che la distanza tra il desiderio e la possibilità reale della sua realizzazione sia enorme, allora si è pronti ad affrontare il cambiamento e tutte le sue conseguenze. Un cambiamento di successo non è una distruzione, ma un'evoluzione che salva il salvabile e migliora il migliorabile”. Per questo conviene sempre progettare una meta precisa, realizzare un piano per ottenerla, essere realisti, creativi e flessibili, senza improvvisare. Non bisogna nemmeno auto ingannarsi e accontentarsi di spostare il proprio malessere da un punto geografico ad un altro.
Iniziare il processo di cambiamento
Per darsi una seconda opportunità (dal cambiare lavoro a fare il giro del mondo, iscriversi all'università o dedicarsi ad opere umanitarie) La dottoressa Pascual suggerisce sei punti base che ci possono aiutare a rendere la vita più soddisfacente. Prima di tutto si deve riuscire a distinguere tra un malessere esistenziale ed una inquietudine momentanea. Se la differenza tra le proprie aspirazioni e la realtà è notevole varrebbe la pena analizzare la propria esistenza e ripianificare ciò che ci scontenta. A volte l'infelicità è data dal fatto di essere poco obiettivi o dal non vedere con chiarezza ciò che ci piacerebbe fare o essere, quindi è necessario riflettere, spezzare l'inerzia ed attuare con decisione i giusti cambiamenti. Spesso questa semplice riflessione evita azzardi e delusioni. Se comunque la decisione di cambiare radicalmente vita rimane, lo si deve pianificare bene. Ci si deve concedere tempo per conoscersi bene e capire ciò che realmente si vuole, soppesare e maturare bene il desiderio di cambiare. L'ansia può essere uno stimolo, ma può anche bloccare la capacità di pensare razionalmente. Si devono analizzare a fondo le proprie risorse (economiche ma anche e soprattutto di adattabilità, e creatività) per essere sicuri di poter affrontare bene qualunque difficoltà. Il progetto va poi pianificato : deve essere realista,sensato e in accordo alle proprie possibilità. Si devono affrontare i propri limiti per non ricadere negli errori già commessi. Si devono raccogliere le informazioni necessarie e possibili che aiutino alla realizzazione del progetto evitando che si trasformi in una fantasia. Parlare il più possibile con amici e familiari aiuta molto : esporre le aspettative, i risultati che si vogliono ottenere, i progetti. Questo continuo parlarne farà sì cheil progetto di cambiamento acquisti sempre più forza e realtà e ci permette di evidenziare eventuali errori, considerazioni o possibilità non ancora affrontate. Il fatto che molti cerchino di dissuadere chi vuole lasciare tutto creerà la necessità di avere un progetto solido ed argomentazioni valide. Cambiare vita non è una scelta priva di rischi. Lasciatevi la possibilità di tornare. Calcolare i rischi e accettare la possibilità di sbagliarsi deve essere una condizione indispensabile per poter imparare dai propri errori, migliorando i progetti alternativi del futuro. Si passa quindi dalla teoria alla pratica: armati di pazienza e perseveranza, senza lasciarsi guidare troppo da impulsi e improvvisazioni e considerando attentamente ciò che si è appreso finora, sapendosi sempre ben adattare e sapendo superare crisi e modifiche dei propri progetti, si sarà pronti ad affrontare un cambiamento radicale con tutte ciò che questo comporta.